“Non finiremo mai di cercare. E la fine della nostra ricerca sarà l’arrivare al punto da cui siamo partiti e il conoscere quel luogo per la prima volta.”
(Thomas Stearn Eliot)
La meraviglia spesso nasce dalla scoperta inattesa. La ricerca di luoghi perduti rappresenta forse uno degli stimoli maggiori per i viaggiatori. Luoghi forse mai esistiti ma questo non ha mai scoraggiato chi detiene in sé il sacro fuoco del cercatore.
Questa potrebbe essere la storia di Thule, un’isola leggendaria, che compare citata per la prima volta nei diari di viaggio dell’esploratore greco Pitea (Pytheas), salpato dalla colonia greco-occidentale di Massalia (l’odierna Marsiglia) verso il 330 a.C. per un’esplorazione dell’Atlantico del Nord.
Nei suoi resoconti (screditati da Strabone) si parla di questa isola come di una terra di fuoco e ghiaccio nella quale il sole non tramonta mai, a circa sei giorni di navigazione in direzione nord dall’attuale Gran Bretagna.
Il nome di Thule viene citato anche da Tacito in una sua opera (De vita et moribus Iulii Agricolae) in cui tratta dell’esplorazione e della conquista della Britannia.
Il fascino del racconto di Pitea aveva suggerito, già nel II secolo a.C., l’inserimento dell’isola nel quadro di narrazioni fantasiose, come avviene nel romanzo Le incredibili meraviglie al di là di Tule di Antonio Diogene.
Nella Geografia di Claudio Tolomeo, Thule è tuttavia un’isola concreta, della quale si forniscono le coordinate (latitudine e longitudine), riferite alle estremità settentrionale, meridionale, occidentale e orientale, seppur in modo troppo approssimativo perché si possa darne un’identificazione certa.
Sono state date varie ipotesi per l’identificazione di Thule: Islanda, Groenlandia, Isole Shetland, Fær Øer, o l’isola di Saaremaa in Estonia.
Secondo Lennart Meri, è possibile che Thule sia l’isola di Saaremaa, in Estonia, con il nome di “Thule” collegato al termine finnico tule (“(di) fuoco”) e alla mitologia finlandese.
L’idea che Thule possa essere identificata con l’Islanda ha incuriosito molto gli storici, in quanto, secondo le conoscenze ufficiali, gli scopritori e primi colonizzatori dell’isola sarebbero invece i Vichinghi, che vi approdarono nel IX secolo.
A sostegno della teoria ci sarebbero le cronache dell’epoca che raccontano di monaci irlandesi arrivati sull’isola già nel VI secolo e ancora prima. Durante tutto il Novecento sono state scoperte in varie zone dell’Islanda meridionale monete romane databili tra il II e il III secolo oggi conservate al Museo Nazionale d’Islanda di Reykjavik che dimostrerebbero una conoscenza e frequentazione dell’isola già nell’antichità.
Nel corso della tarda antichità e nel medioevo il ricordo della lontana Thule ha generato un resistente mito: quello dell’ultima Thule, come fu per la prima volta definita dal poeta latino Virgilio nel senso di estrema, cioè ultima terra conoscibile, e il cui significato nel corso dei secoli trasla fino a indicare tutte le terre “al di là del mondo conosciuto”, come indica l’origine etrusca della parola tular, confine.
Il mito, che possiede molte analogie con altri miti, ad esempio con quello dello Shangri-La himalaiano, ha affascinato anche in epoca moderna.
Nel Faust di Goethe è presente un riferimento al mito di Thule nella ballata del Re di Thule, storia di un amore infelice che fa da sfondo, e in un certo senso da specchio, alla vicenda d’amore tra lei e Faust.
Il nome di Thule ritorna spesso nella cultura di massa, nella narrativa come nella musica e ancor più nelle serie tv.
In geografia ricordiamo che l’arcipelago più meridionale delle isole Sandwich australi prende il nome di isole Thule meridionali: scoperte e chiamate così da James Cook poichè sembravano poste all’estremo confine del mondo. Inoltre la città di Oaanaaq, la più a nord della Groenlandia, era un tempo chiamata Thule, per indicare l’ultimo luogo conoscibile di questa terra.
Per avere più informazioni è possibile approfondire con le seguenti letture al link “isole e continenti perduti”.
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