“La prominenza rocciosa si protende in mare aperto, sulla punta estrema, distanti alcuni chilometri, il faro innalza la sua muratura massiccia: un pilastro luminoso di notte, nebuloso di giorno.”
(Henry Wadsworth Longfellow)
Alcuni luoghi rimangono nell’immaginario collettivo.
Nomi di città che superano l’usura del tempo e riemergono tra i contemporanei con detti e modi di dire che hanno un senso che si perde nella notte dei tempi.
Eccoci così pronti per una nuova rubrica con i “luoghi e modi di dire di Latitudini”.
Questa volta andiamo a indagare su un modo di dire un po’ desueto ma ancora molto utilizzato e che ci obbliga ad indagare su un luogo, in specifico una città.
Chi non ha mai sentito dire “perdere la Trebisonda”?
Ma cosa significa questa parola e perché si dice così?
Ebbene perdere la trebisonda è ancora oggi un’espressione della lingua italiana con cui si intende indicare la perdita del controllo, essere confusi e disorientati da qualcosa o qualcuno.
All’origine di questo modo di dire vi sarebbe il fatto che la città di Trebisonda (di origine greca e oggi Trabzon in Turchia), affacciata sul Mar Nero, fu nell’antichità una sorta di faro per tutti i naviganti che viaggiavano sulla rotta tra Europa e Medio Oriente.
Nell’antichità vi era un forte commercio con un popolo chiamato “colchidi”, prima da parte dei greci, poi dei romani e infine dei genovesi.
A quel tempo Trebisonda era un porto molto importante per fare una pausa e trovare la strada per i Colchidi. Perdere Trebisonda avrebbe significato perdere la strada per la Colchide.
Alcuni studiosi osservano che il porto di Trebisonda si trova praticamente al termine del viaggio, almeno per chi giunge da occidente.
Dunque il significato potrebbe essere inteso come “perdere la bussola per giungere al porto”, vale a dire in senso metaforico “perdere di vista l’obiettivo finale”.
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