“Vides urt alta stes nive candidum Soracte…”
“Vedi, che il gelido Soratte è candido di neve rigida…”
(Orazio, Odi I, 9, 1. Trad di Giacomo Leopardi [1809])
Per la rubrica l’Italia immaginata alla radio usciamo dall’autostrada del sole per conoscere questa zona forse non conosciuta a molti.
Ci piace anche osservare come alla stessa uscita autostradale sia possibile trovare due luoghi che ci portano a racconti all’apparenza differenti ma che in profondo tengono uno stesso file rouge emozionale molto forte.
Partiamo dal Soratte, montagna laziale in provincia di Roma e precisamente nel comune di Sant’Oreste ha molto da raccontare.
Alto 691 metri sul livello del mare, per la sua forma e la sua posizione centrale proprio in mezzo alla valle del Tevere ha destato curiosità e stimolato la fantasia di molti.
Abitato probabilmente fin dalla preistoria, a causa della sua natura isolata che lo rendeva visibile e riconoscibile da lontano, fu luogo di culto da parte per i gruppi locali tra cui Etruschi e Sabini.
Tale vocazione si tramandò nel tempo prima ai Romani, con il culto di Soranus Apollo e poi agli inizi del Cristianesimo, quando molti eremiti vi si rifugiarono in cerca di silenzio e meditazione.
Sulla cima del Soratte si trova l’eremo di San Silvestro, costruito nel VI secolo sui resti di un tempio di Apollo. Secondo una leggenda la chiesa era stata invece fondata tre secoli prima da papa Silvestro I che si era rifugiato sul Soratte per sfuggire alla persecuzione di Diocleziano.
Molto interessante ricordare come sul versante sud del monte, nel 1937, sotto la Direzione del Genio Militare di Roma, venne avviata la costruzione di un complesso di gallerie che, secondo il progetto iniziale, dovevano servire come rifugio del comando supremo dell’esercito in caso di guerra, data la vicinanza del Soratte con la capitale.
Durante la seconda guerra mondiale, in particolare nel settembre del 1943 fino al giugno 1944 il comando supremo delle forze di occupazione tedesche si stabilì sul Soratte.
Sembra che prima di abbandonare l’area il feldmaresciallo Albert Kesselring abbia dato l’ordine di interrare nelle gallerie 68 casse contenenti oro e beni saccheggiati alla Banca d’Italia e alla comunità ebraica di Roma, che di fatto non è stato mai trovato.
È doveroso ricordare la scia di sangue causata dai grandi rastrellamenti nazifascisti tra l’inverno del 1943 e la primavera del 1944, che costarono la vita a centinaia di civili e combattenti partigiani e ordinata da Kesselring e dal suo comando supremo del sud al Bunker Soratte.
Durante gli anni della Guerra Fredda parte delle stesse gallerie sono state riconvertite per ospitare il bunker antiatomico del Governo italiano; i lavori solo parzialmente terminati risalgono al quinquennio 1967-1972. Un sistema ipogeo consta di 4 km di gallerie, unanimemente riconosciute come opera di alta ingegneria militare, oggi parzialmente visitabili grazie all’operato di una associazione di volontari con un museo storico diffuso denominato “Percorso della memoria”.
Dal 1997 è stata istituita la Riserva del naturale del Monte Soratte che rappresenta un singolare polmone verde tra la via Flaminia e il fiume Tevere, poche decine di chilometri a nord di Roma.
Andiamo adesso a conoscere Ponzano Romano e abbiamo scelto di cambiare completamente argomento nello stesso articolo.
In questo borgo medievale ad aprile 2021 è nato un innovativo spazio legato alla riflessione sul tema della scomparsa e del dolore. Grandi nomi dell’arte contemporanea stanno visitando e conoscendo questo borgo tramite il PRAC, Centro per l’Arte Contemporanea, grazie al direttore artistico e curatore Graziano Menolascina.
In una location polifunzionale che si snoda tra il piano nobiliare di Palazzo Liberati e la seicentesca chiesa (sconsacrata) di Santa Maria ad Nives, il PRAC si occupa di divulgare il mondo del contemporaneo grazie a una collaborazione diretta con artisti di fama nazionale e internazionale, cui affianca l’attività nel campo della conservazione del patrimonio naturale, storico e artistico di Ponzano.
“Memento mori” è la mostra che è stata visitabile fino al 15 gennaio scorso e ispirata alla famosa frase rivolta ai generali romani che, tornati vittoriosi in patria, correvano il rischio di diventare superbi.
Monte Soratte e Ponzano Romano forse hanno trovato nel ricordo e nelle riflessioni sulla scomparsa, per Soratte causate dai nazifascisti, per Ponzano ricordate dal PRAC, un punto di congiunzione più forte e degno rispetto a un semplice doppio nome su un cartella all’uscita autostradale.
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