“Cos’è la storia, dopo tutto? La storia sono fatti che finiscono col diventare leggenda; le leggende sono bugie che finiscono col diventare storia.” (Jean Cocteau)
El Dorado è un luogo leggendario in cui sarebbero stati presenti immense quantità di oro e di pietre preziose. In questo luogo, situato al di là del mondo conosciuto, i bisogni materiali sono appagati e gli esseri umani vivono in pace tra loro godendo della vita. Spesso viene associato al paradiso terreste o all’Eden.
In seguito alla scoperta europea delle Americhe il mito di un luogo leggendario e ricchissimo si rinforzò. Gli indigeni americani, che facevano largo uso di monili in oro fecero pensare agli spagnoli di essere giunti vicino ad un luogo mitico ricco di oro dove i bisogni materiali fossero appagati.
Uno dei primi spagnoli a cercare un luogo mitico fu Juan Ponce de León, che nel 1513 cercò in Florida la fonte dell’eterna giovinezza, leggenda che aveva le sue origini nel medievale “Romanzo di Alessandro”, raccolta di racconti leggendari sulla vita di Alessandro Magno e che ebbe grande diffusione nell’alto medioevo.
Quando Sebastiano Caboto fu al comando, nel 1525, di una spedizione che aveva come scopo la ricerca del Perù, i suoi luogotenenti si inoltrarono nell’interno del Rio della Plata, e forse giunsero al confine dell’attuale Bolivia. Al loro ritorno si diffuse una leggenda, che narrava di una città ricchissima, pavimentata in oro, che loro non erano riusciti a vedere per pochissimo.
Nel 1529 ci fu un’altra spedizione esplorativa in Venezuela, verso il lago di Maracaibo. Dalle popolazioni rivierasche l’interprete e scrivano del gruppo Esteban Martín seppe che una popolazione dell’interno, che viveva sugli altopiani, usava l’oro come merce, in cambio del cotone grezzo, dei coralli, delle perle e delle conchiglie giganti che gli indigeni usavano come trombe cerimoniali.
Inoltre il loro territorio era ricco di pietre verdi che gli spagnoli supposero correttamente fossero smeraldi e anche in questi luoghi si diffusero le voci sul mitico regno dell’oro. Furono complessivamente cinque le spedizioni partite dal Venezuela alla ricerca del mitico regno dell’oro, tutte finite con morti e feriti e senza il ritrovamento della leggendaria città perduta.
La leggenda dell’El Dorado era arrivata a un punto di svolta quando i conquistatori spagnoli Gonzalo Jiménez de Quesada e Sebastián de Belalcázar sentirono parlare di un capo indigeno che si immergeva in una laguna ricoperto di polvere d’oro e gettava delle offerte d’oro nelle profondità delle acque.
Sarebbe stato proprio Belalcazar, sentendo nel 1536 il racconto di un mercante indigeno nativo di Llactalunga, a coniare per primo il termine “El indio Dorado”, abbreviato in El Dorado, a indicare il sovrano indio coperto di polvere d’oro che gli era stato descritto.
La laguna in cui compiva le abluzioni rituali era la laguna di Guatavita, nelle vicinanze della attuale città di Bogotà, fondata da Quesada il 29 aprile 1539 con una breve cerimonia alla presenza degli altri due comandanti. Caso unico nella storia, ben tre conquistadores erano giunti contemporaneamente e per vie diverse nello stesso luogo, attirati dalla chimera dell’oro. Quesada era giunto per primo da nord-ovest, Belalcazar da sud e infine Federmann da nord-est.
La civiltà che aveva dato origine alla leggenda dell’El Dorado era quella dei Chibcha. Questo popolo fu depredato da Quesada e non resse all’urto della conquista, estinguendosi nel giro di pochi decenni, tanto che ancor oggi il suo nome è poco noto e non viene mai annoverato tra le civiltà precolombiane travolte dal contatto con gli europei.
Il clamoroso equivoco in cui incorsero i conquistadores a proposito dell’El Dorado è dovuto al fatto che i Chibcha non possedevano oro in proprio, ma lo ricavavano a loro volta da traffici con le popolazioni vicine. Questo fece credere agli spagnoli che la “terra dell’oro” all’origine delle incredibili leggende fosse un’altra, e non quella che avevano scoperto e abbondantemente razziato. I Chibcha possedevano invece miniere di sale e l’unico giacimento di smeraldi delle Americhe.
L’oro, di origine alluvionale, abbondava lungo il corso del Cauca, e nella provincia dell’Ecuador settentrionale, al confine con la Colombia, chiamata Esmeraldas.
Paradossalmente gli spagnoli chiamarono Esmeraldas la terra dove trovarono i primi smeraldi, provenienti dall’Eldorado, e chiamarono Eldorado la terra dove vi era l’oro proveniente dall’Esmeraldas.
Successivamente l’El Dorado fu cercato nelle profondità della selva amazzonica e anche nell’America settentrionale.
Le spedizioni nel continente euro-asiatico furono vive soprattutto dal medioevo fino al ‘700 e sono legate alla leggenda medievali legato al Regno del Prete Gianni. Furono i portoghesi a cercare a lungo questo Regno, con le spedizioni di Pero da Covilla e Afonso da Paiva.
Nei secoli successivi arriviamo alle spedizioni del ‘900 con l’inglese Percy Harrison Fawcett che cercò a lungo l’El Dorado nella selva dell’alto Xingu in Brasile, scrivendo un rapporto sulla scoperta della “città perduta di Z” e in una seconda spedizione nel Mato Grosso con suo figlio non fece mai più ritorno.
Nella seconda metà del secolo XX, molti esploratori cercarono la città di Paititi. Secondo la leggenda gli Incas si sarebbero nascosti in una città sotterranea, quando Francisco Pizarro giunse nel Perù, e ancora li vivrebbero. Negli anni ’70 del ventesimo secolo la leggenda fu ravvivata dopo la pubblicazione del libro La cronaca di Akakor di Karl Brugger.
A partire dall’inizio del XX secolo sono state portate a termine una serie di spedizioni che hanno avuto come scopo la ricerca del Paititi, da alcuni individuato come il vero El Dorado. Nel 2001 l’archeologo Mario Polia ha scoperto, negli archivi della Città del Vaticano delle lettere datate 1600 del missionario Andrea Lopez. Il missionario scriveva di una città ricchissima e nascosta nella selva a circa dieci giorni di cammino da Cusco, vicino ad una cascata che veniva chiamata Paititi.
Nel corso dei primi anni del ventunesimo secolo, vari archeologi e geografi si sono posti alla ricerca di resti di una civiltà antichissima nella selva peruviana. Uno di questi è il polacco Jacek Palkiewicz, nella sua spedizione del 2002. Nel 2006 lo statunitense Gregory Deyermenjian e il peruviano Paulino Mamani hanno intrapreso una spedizione nella selva di Pantiacolla (Amazzonia peruviana). In più, un’altra ipotesi sostiene che esistano molteplici città d’oro, anche se in luoghi diversi. Comunque, le registrazioni più comuni di esse sono situate in coordinate pari alle Ande centro settentrionali o addirittura nello Yucatan.
Nel 2010 grazie allo studio di immagini satellitari e fotografie aeree sono state scoperte, al confine tra Brasile e Bolivia, un insieme di geoglifi subito additati come i resti di El Dorado.
Nella ricerca delle ricchezze associate alla felicità ci piace ricordare come Voltaire, nel suo “Candido”, parli di un luogo leggendario dove la ricchezza non esiste e tutti sono felici.
rispondi