“Felice colui che riconosce in tempo che i suoi desideri non vanno d’accordo con le sue disponibilità” (Johann Wolgang von Goethe)
“Tenzin cammina lungo il sentiero scosceso senza parlare. Anche se in compagnia, un monaco buddista non è solito fare conversazione. La strada verso il monastero di Taksang è la stessa tutte le mattine, lunga e tortuosa, sia nel freddo pungente dell’inverno che nel fresco albeggiare estivo sulle montagne del Bhutan. Sorride leggero, con un incedere quasi elegante in mezzo alle rocce, attento alla strada e al tempo stesso distaccato dalle cose terrene.”
In Bhutan il PIL pro-capite è di 2.088 dollari (dato del 2010), con il piccolo Stato himalayano che rimane chiuso tra Cina e province settentrionali dell’India come in una morsa tra due giganti.
Eppure a febbraio scorso abbiamo scoperto che il regno buddista ha avuto nel 2020 un solo decesso per Covid-19 https://www.linkiesta.it/2021/02/bhutan-asia-pandemia-coronavirus-covid/
Ad aprile un nuovo incredibile record con la vaccinazione del 93% degli adulti in 16 giorni
https://www.agi.it/estero/news/2021-04-12/bhutan-vaccinazione-covid-record-12135961/
Il piccolo Stato montuoso è tornato così alla ribalta internazionale come luogo in cui è possibile non solo provare ad essere una “isola felice” nel mare della pandemia globale, ma anche un luogo sociale in cui è possibile rispondere in maniera forte e determinata alla sfida al covid-19 iniziata con le vaccinazioni.
Il “Regno del Drago” non è forse lo Stato più alla ribalta delle cronache mondiali, ma sicuramente il suo nome è diventato molto famoso all’inizio degli anni settanta dello scorso secolo, quando il re Jigme Singye Wangchuck coniò per la prima volta una definizione che da quel momento ha portato un nuovo modo di vedere lo sviluppo dell’economia globale.
L’acronimo F.I.L., vale a dire “Felicità interna lorda”, in inglese “Gross National Happiness”, nacque su queste montagne e si sviluppò dalla cultura orientale, dal buddismo e dalla filosofia di vita di un popolo che forse ancora oggi ha molto da insegnare al mondo occidentale indirizzato verso obiettivi di crescita continua in termini di produzione.
Così il FIL ha cominciato a muoversi in maniera parallela e a volte alternativa al concetto di PIL (Prodotto interno lordo) tanto caro alla cultura capitalista. Infatti se nel prodotto interno lordo vengono considerati fattori economici e finanziari legati alla produzione di uno Stato, all’interno del FIL le variabili e gli elementi del paniere sono integrati con criteri differenti.
Nella definizione di FIL troviamo elementi sociologici come l’istruzione, la ricchezza dei rapporti sociali, la salute dei cittadini, i quali vanno ad incrociarsi con quelli relativi alla qualità dell’aria che respiriamo, all’accessibilità dell’acqua potabile e ad altri criteri legati all’ambiente.
Nell’epoca dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile dell’Onu possiamo dire che il Buthan ha aperto oltre 50 anni la strada per obiettivi di sviluppo a cui oggi riconosciamo un valore imprescindibile.
L’agenda 2030 rappresenta un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto dai 193 Paesi membri dell’Onu, con 169 target obiettivi comuni su un insieme di questioni importanti per lo sviluppo: la lotta alla povertà, l’eliminazione della fame e il contrasto al cambiamento climatico, per citarne solo alcuni.
È importante sottolineare che si parla di “obiettivi comuni” perché essi riguardano tutti i Paesi e tutti gli individui. Come definito dalle Nazioni Unite “nessuno è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità”
https://unric.org/it/agenda-2030/
Qui si pone il difficile lavoro di integrazione tra gli obiettivi di crescita economica in questa fase delicata post pandemia, con gli Stati che stanno sviluppando le condizioni di un rimbalzo del proprio PIL dopo i tracolli importanti dell’ultimo anno.
Ci sarà da comprendere se gli obiettivi di sostenibilità dell’agenda 2030 riusciranno a essere mantenuti come determinanti in questa fase in cui la volontà di crescita del PIL potrebbe spostare l’attenzione della politica su esigenze di breve periodo.
Forse gli obiettivi dell’agenda 2030 esprimono una vicinanza culturale e di “stesso sentire” più vicini al concetto di FIL che a quello di PIL ancora oggi utilizzato dalla stragrande maggioranza degli Stati.
In questo caso ci viene in aiuto il concetto di “decrescita felice” coniato da Serge Latouche che utilizza questo termine per indicare la necessità e urgenza di un “cambio di paradigma” rispetto al modello basato sulla crescita continua in termini di produzione e consumo di beni.
Sostenibilità ecologia, rapporto armonico uomo-natura, giustizia sociale, autogoverno dei territori, restituendo il futuro ad una civiltà che fino ad oggi tende all’autodistruzione. Forse in tutto questo il piccolo gigante himalayano ha qualcosa da insegnarci.
“Tenzin alza gli occhi e incrocia il mio sguardo. Non dice niente ma sorride. Poi continua a camminare, nel suo percorso verso il monastero, mentre il sole comincia, come ogni giorno, a illuminare le montagne e a scaldare la terra.”
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