“Possa il vostro cammino essere tortuoso, ventoso, solitario, pericoloso e portarvi al panorama più spettacolare. Possano le vostre montagne elevarsi fino alle nuvole e superarle.” (Edward Abbey)
«E vanno pel tratturo antico al piano, quasi per un erbal fiume silente» (I pastori, Gabriele D’Annunzio)
Probabilmente molti conoscono il significato della parola transumanza. Forse meno conosciuta è la definizione di tratturo.
Con tratturo identifichiamo un sentiero erboso e largo, che si differenzia nettamente dalle mulattiere per la sua ampiezza. Può essere talvolta pietroso o in terra battuta, passare in mezzo agli alberi ma come caratteristica principale e distintiva ha il suo carattere naturale, essendo originato dal passaggio e dal calpestio delle greggi, mucche, buoi e cavalli.
Di norma la misura della larghezza della sede del tracciato viario è di oltre centro metri (per la precisione 111 metri, corrispondenti storicamente alla misura di “sessanta passi napoletani”).
Il suo tragitto segna la direttrice principale del complesso sistema reticolare dei percorsi che progressivamente si snodano e si diramano in tracciati secondari (i tratturelli), varianti di percorso (i bracci) e aree destinate alla sosta delle greggi (i riposi).
Tali percorsi erano utilizzati dai pastori per compiere la transumanza, ossia per trasferire con cadenza stagionale mandrie e greggi da un’area di pascolo a un’altra. In particolare in autunno ci si trasferiva dalle montagne verso le pianure mentre in primavera si compiva lo stesso tragitto in senso opposto, in modo da ovviare alla carenza di foraggio fresco nelle aree montane innevate (in inverno) e nelle pianure siccitose e, un tempo, malariche (in estate). Durante la lunga marcia, il bestiame transumante si cibava dell’erba che cresceva sul tratturo stesso.
La versione mediterranea della transumanza, per distinguerla dalle transumanze alpine di breve raggio (“verticale” o alpeggio), è detta anche “orizzontale” in quanto comporta lo spostamento delle greggi e degli armenti su percorsi lunghi fino a oltre 200 chilometri dalle montagne dell’Abruzzo e del Molise verso i pascoli del Tavoliere e, in parte minore, della Daunia, della Murgia, della Terra d’Otranto e della Basilicata.
Il termine “tratturo” deriva dal verbo latino trahere che vuol dire trascinare, tirare ed in particolare dal participio passato tractus. In uso nei dialetti abruzzese, molisano e pugliese, dalla seconda metà del XVII secolo, si ricorda la parola tratturë derivante dal latino tractorius che nella forma medievale si esprimeva in tracturus. In lingua siciliana le vie armentizie sono individuate con la parola trazzere.
Nel centro sud dell’Italia si calcola che ci siano oltre 3 mila chilometri di via utilizzate per questo scopo, con le vie erbose che si trovano principalmente in Abruzzo, Molise, Basilicata, Campania e Puglia.
Le loro piste erano percorse nelle stagioni fredde in direzione sud, verso la Puglia, dove esisteva, presso la città di Foggia, la Dogana delle pecore, mentre nei mesi caldi le greggi percorrevano il percorso inverso tornando ai pascoli montani dell’Appennino centrale, dove la pastorizia era invece regolata dalla Doganella d’Abruzzo.
L’intero apparato stradale si origina nelle zone montane e più interne dell’area abruzzese e si conclude nel Tavoliere delle Puglie. Lungo i percorsi si incontravano campi coltivati, piccoli borghi dove si organizzavano le soste, dette stazioni di posta, chiese rurali, icone sacre, pietre di confine o indicatrici del tracciato.
Le prime strade “tratturali” della transumanza si costituirono in modo spontaneo coprendo distanze a breve raggio. Erano probabilmente già segnate in epoca preistorica nelle terre del bacino del Mediterraneo, se ne ipotizza l’esistenza in Italia, Spagna e Francia.
Nell’alto medioevo in Abruzzo cominciò ad incrementarsi la presenza di vie erbose, ma non è dato conoscere quali e quante furono le vie armentizie nei tempi più lontani, ancor prima della costruzione delle strade romane la sede dei percorsi tratturali vedeva il lento e copioso fluire della transumanza.
Con l’arrivo della ferrovia e della rete stradale asfaltata il trasferimento del bestiame è stato sempre più spesso compiuto i mezzi moderni ed i tratturi persero sempre più importanza perché i grossi armentari preferivano risparmiare sulla maggior quantità di manodopera occorrente per le transumanze a piedi.
Questa è stata la fortuna di alcuni tratturi, specialmente nelle aree interne, che sono giunti fino ai nostri giorni pressoché intatti, al contrario delle strade romane, spesso adiacenti ad essi, delle quali, nonostante fossero lastricate di pietre, restano solo i ruderi di qualche ponte e alcuni brevi tratti.
In qualche scorcio sud-orientale dell’Italia, tra i Monti Dauni, l’Irpinia, il Molise e l’Abruzzo i tratturi conservano ancora gli originari 111 metri, comunque non scendono mai al di sotto dei 60.
Tra il 1976 ed il 1983 una serie di decreti ministeriali ha riconosciuto l’interesse storico-artistico dei tratturi, dapprima per il Molise (1976) e successivamente anche alle Regioni Abruzzo, Puglia e Basilicata (1983).
Dal 2006 è attiva la candidatura di “La transumanza: i Regi Tratturi” a Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, presentata dal Ministero dell’Ambiente con le regioni Abruzzo, Molise, Campania e Puglia.
Il 26 giugno 2009 a Campobasso, in occasione della conclusione del progetto europeo “La Maratona della Transumanza”, è stata decisa la candidatura di un nuovo progetto transnazionale su “Tratturi e Civiltà della Transumanza“.
Il tratturo più famoso rimane il “Tratturo Magno” che collega l’Aquila a Foggia e i cinque tratturi principali, identificati come i “Regi Tratturi” sono, oltre al già nominato “magno”, i tratturi Celano-Foggia, Centurelle-Montesecco, Lucera-Castel di Sangro e Pescasseroli-Candela.
I tratturi: le vie della transumanza, storie di migrazioni stagionali che mantengono ancora oggi vivo il legame stretto tra l’uomo alla natura. Un tempo scandito lentamente dai campanacci dei buoi e dalle scarpe consunte dei pastori, un semi nomadismo d’altri tempi.
rispondi