“E sem a Gombetea”
“Una lingua rappresenta la memoria collettiva «naturale» di una popolazione: se questa, per impossessarsi di un nuovo strumento linguistico, perde il contatto con il suo mezzo d’espressione più antico, diviene del tutto incapace di riconoscersi nelle proprie tradizioni.” (William Butler Yeats)
Nel nostro viaggio alla scoperta di luoghi insoliti abbiamo parlato spesso di isole. Isole vere e proprie che si trovano nei luoghi più sperduti (Surstey in Islanda o Tristan da Cuhna ad esempio) e isole immaginarie o perdute (Atlantide, Iperborea ecc).
Oggi andremo a conoscere un’isola linguistica. Siamo in Toscana, nella provincia di Lucca e più precisamente nel comune di Camaiore. Qui, nell’entroterra della Versilia, abbiamo scoperto un’isola linguistica in un piccolo paese nato più di mille anni fa.
Siamo a Gombitelli, un borgo pittoresco conosciuto oggi anche per la sua lunga e appassionata tradizione norcina. Si trova a circa 400 metri sul livello del mare, alle pendici del Monte Calvario, sulle colline che dividono la Valfreddana dalla zona di Camaiore verso la costa.
Come dicevamo il borgo di Gombitelli ha origini antiche. Lo troviamo già citato nel 984 tra i beni del Vescovado di San Martino. Con la discesa di Carlo V in Toscana alla fine del 1400, a Gombitelli, il cui nome al tempo era Gombetea, arrivarono anche alcuni fabbri tedeschi al seguito dell’imperatore e qui si stabilirono.
Fu così che iniziò una fiorente produzione di chiodi (detti “gavorchi” nel dialetto lucchese) usati in carpenteria. Un chiodo di grande presa ma rozzo a vedersi, con la testa quadra e presto utilizzato per fissare travi per pavimenti e navi. Nacque una vera e propria attività industriale tanto che provenivano da qui i chiodi degli scarponi dei soldati utilizzati durante la Grande Guerra del 15-18.
Inoltre nei secoli alcune famiglie provenienti dalle montagne emiliane si stabilirono nel paese.
L’incontro di persone che parlavano idiomi differenti portò nel tempo lo sviluppo di una lingua propria per i paesani di Gombitelli. Una lingua di matrice gallo-romana, a lungo tempo isola linguistica per le ovvie difficoltà di spostamento delle persone nell’antichità.
“E a son, ti te sè, lu l’é, no a sem, vu si’, lor a i è” rappresenta il presente indicativo del verbo essere della lingua di Gombetea. Alcune parole sono state utilizzate nel tempo anche nel dialetto versiliese (come da esempio “chiuccare” col significato di dormire)
Perso il primato nell’industria dei chiodi, Gombitelli ha mantenuto invece in maniera importante la propria tradizione norcina.
Emiliani e tedeschi ne erano grandi consumatori e il territorio di Gombitelli si prestava all’allevamento dei suini ma non a quello dei bovini. Per questo motivo i salumi sono quindi un prodotto tipico locale di altissima qualità.
La morfologia del territorio permette l’arrivo in questa zona del vento di mare che si trova a circa 10 km di distanza. Questo, insieme all’umidità e all’aria sottile dei boschi, permette ancora oggi una stagionatura perfetta (come succede per la zona di Langhirano nel parmense) e questo regala sentori tipici unici.
È ancora viva oggi la tradizione di arrivare fino a Gombitelli per andare a “prendere i salumi buoni”. Nonostante le non facili vie di comunicazione, qui si venivano a prendere i salumi affumicati insieme alle castagne negli essiccatoi sparsi nei boschi (i così detti “metati”). Questi metati permettevano una lunga stagionatura per rendere il grasso morbido e profumato.
Una produzione particolare e tipica della zona è il lardo rosa, una particolare lavorazione che mantiene una parte di carne magra (rosata) insieme al lardo tipicamente bianco.
Visitare il borgo di Gombitelli vuol dire catapultarsi in un’altra epoca storica, in cui la vita scorreva a passo lento. Qui è possibile assaporare la cultura del luogo e le sue tradizioni anche attraverso i suoi prodotti tipici.
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