“Conoscere i luoghi, vicino o lontani, non vale la pena, non è che teoria; saper dove meglio si spini la birra, è pratica vera, è geografia.” (Johann Wolfgang Goethe)
Per la rubrica le parole di Latitudini andiamo a conoscere una nuova parola. Stavolta ci troviamo in Norvegia e qui si sa, quando il freddo vuol farsi sentire non guarda in faccia nessuno. Inverni freddi e lunghi che i popoli del nord Europa hanno imparato a superare con alcuni stratagemmi e con un po’ di immaginazione.
Così se durante l’inverno il freddo è pungente e gelido, se le giornate sono corte e buie, il pensiero di molti norvegesi va laggiù, in fondo al tunnel, per vedere finalmente la luce.
La luce per molti norvegersi di chiama Utepils, quasi un vero e proprio rituale pagano.
Quando le giornate cominciano ad allungarsi, scollinati gli ultimi momenti di freddo gelido, comincia la tradizione che da queste parti chiamano Utepils: i i norvegesi escono di casa, sfidando ancora il gelo, e si godono la prima birra all’aperto.
Utepils: la prima birra dell’anno assaporata in una giornata di sole.
Può essere ancora pieno inverno, potrebbe essere già trascorsa la Pasqua, poco importa; appena le giornate cominciano ad allungarsi nonostante l’aria e la temperature dicano ancora che sarebbe meglio starsene ben coperti accanto al fuoco di un camino, da Oslo fino a Tromso passando da Bergen questo rituale cadenza i primi mesi dell’anno nuovo.
Non capita sempre lo stesso giorno, nemmeno lo stesso mese, ma succede che un giorno, d’un tratto sia il momento buono per la prima birra dell’anno al sole.
Poco importa se qualcuno lo anticipa magari sperando di fare un rito scaramantico contrario alla danza della pioggia, il momento arriva dal nord al sud del paese e pochi sono i norvegesi che si sottraggono alla magia del momento.
Il termine utepils, che si pronuncia ooh-ter-pilss, è composto da due parti: ute che, semanticamente, si rende con “all’aperto”; mentre pils è l’abbreviazione di Pilsner, un tipo di un tipo di birra chiara fra le più note e bevute in Norvegia.
Per capire l’importante dell’atto possiamo dire che nello slang norvegese esiste addirittura un verbo che va a descrivere l’azione in sé compiuta durante il rituale: tale verbo è å pilse che indica, sostanzialmente, l’atto del bere birra.
Quindi se questo verbo indica l’atto generale di bere birra, Utepils definisce quello specifico di farlo in un momento ben definiti, indica l’azione precisa dell’assaporare una birra ghiacciata all’inizio della bella stagione, magari in compagnia, dopo le gelate invernali.
Seppur possa sembrare banale questo rituale assume, per i norvegesi, una vera e propria importanza culturale. L’Utepils è atteso con tanta partecipazione da tutti, per festeggiare la fine dei lunghi, bui e gelidi mesi invernali propri dei luoghi scandinavi. Un’eccitazione che solo gli abitanti di questi luoghi avvolti nel gelo per lungo tempo possono celebrare, rispetto ad altri paesi più miti in cui, bere una birra all’aperto, è un rituale scontato anche in pieno inverno. L’Utepils diventa quindi un atto comunitario di gioia, riuscendo a divenire universale basandosi sulla condivisione di tratti abbastanza semplici: vivere in luoghi dal clima rigido, la passione per la birra, la compagnia e la compartecipazione.
Il rituale scandinavo che dona gioia e condivisione e che, siamo convinti, potrebbe essere benevolmente esportato anche al di fuori del nord Europa.
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