Le parole di Latitudini: Eudaimonia, posseduti dallo “spirito” del viaggio alla ricerca della felicità.

mongolfiere in Cappadocia
mongolfiere in Cappadocia

“Sono un cittadino, non di Atene o della Grecia, ma del mondo” (Socrate)

“La felicità è un percorso, non una destinazione” (Madre Teresa)

“Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati” (Gore Vidal)

 

Torna la rubrica “Le parole di Latitudini” con questo concetto che arriva dalla Grecia.

Eudaimonia, parola che ha il significato di stato di felicità, salute e prosperità, viene sempre più spesso legata a sensazioni che si provano in viaggio.

Il significato più intenso di questa parola è intendere la felicità quale scopo principale di vita e fondamento etico del proprio vivere.

L’etimologia di questa parola è molto interessante: la parola è composta da “eu” che significa buono e “daimon” che rappresenta il genio/demone nel senso greco del termine.

Abbiamo detto quindi non la semplice felicità, ma la felicità intesa come scopo della vita, e come fondamento dell’etica.

In altri termini è una felicità a cui viene dato un ruolo preciso nell’indirizzare la propria condotta, sempre e non per una condizione temporanea. C’è una certa tensione, una volontà di perseguire il percorso verso l’eudemonia.

donna_campagna_viaggio
donna_campagna_viaggio

Legandolo al viaggio, questo concetto si rivela una risorsa interessante: non si concentra tanto sul contenuto inafferrabile della felicità, ma sulla sua posizione e sul suo orientamento. Diventa quasi un valore pratico.

L’eudemonia vive del luogo lontano che abbiamo visitato durante il viaggio  ci fa tornare a casa col cuore più grande e le idee più chiare.

La meraviglia più incisiva ed eloquente che sta in questa parola è la sua etimologia: l’eudemonia è l’essere posseduti dal buon demone, più precisamente la buona (eu) realizzazione del nostro demone (daimon).

Per questo motivo abbiamo voluto ricordare la frase di Gore Vidal: “Strana questa cosa dei viaggi, una volta che cominci è difficile fermarsi. È come essere alcolizzati”.

Un altro modo corretto di definire il “daimon” potrebbe essere “spirito guida”, un compagno di viaggio che è parte essenziale della nostra personalità.

Il daimon è la chiave per scoprire la vocazione che è in noi da sempre, una voce che si rivela ed è capace di traghettare il nostro potenziale verso la consapevolezza.

“Diventare ciò che siamo” perché le nostre potenzialità sono al tempo stesso valori intrinseci del nostro essere ma anche bisogni che pretendono di essere espressi e adoperati in misura sufficiente, perché solo così “smettono di protestare”.

Nel viaggio riscopriamo tutto questo, ritroviamo le nostre vere vocazioni (daimon), il nostro vero essere.

Dalla dottrina morale dell’eudemonismo che ripone il bene nella felicità, come fine naturale della vita umana, il valore del viaggio riesce a trovare un senso ancora più alto.