Il contadino molisano è ordinariamente taciturno; non dice che l’indispensabile; abitante di una terra difficile, aspra, scoscesa, rotta, a pendii rocciosi, a sassaie aride, ha nelle vene l’asprezza della lotta per vivere. (Francesco Iovine)
Nel nostro viaggio su e giù per l’Italia andiamo a conoscere questa parte forse poco conosciuta ma molto interessante per la sua storia e per i paesaggi naturalistici.
Siamo tra Molise e Puglia e andando in direzione sud prendiamo in primo luogo l’uscita per Montenero di Bisaccia, uscendo dalla A14 Bologna-Taranto.
Montenero di Bisaccia (Mundunirë in dialetto montenerese) è un comune italiano di circa 6 mila abitanti in provincia di Campobasso.
Si trova su una collina a circa 300 metri di altitudine tra il fiume Trigno e il mare.
Le sue origini partono dal villaggio di Bisaccia, i cui ruderi sono in parte ancora visibili ad un chilometro circa dall’abitato. Il villaggio fu abbandonato con le invasioni barbariche, quando gli abitanti si rifugiarono prima nelle grotte arenarie, iniziando successivamente a stabilirsi sulla collinetta chiamata appunto “monte nero” per la fitta boscaglia che la ricopriva.
Dal punto di vista storico è molto interessante visitare le grotte neolitiche, un complesso naturale di grotte arenarie risalenti al 10.000 a. C. e forniscono una testimonianza diretta di quella che è stata la storia di Montenero di Bisaccia.
Le grotte neolitiche sono caverne naturali di roccia arenaria che furono abitate fin dal Paleolitico Medio. Infatti, pur non essendo mai state esplorate con intenti scientifici, dalla loro conformazione e da alcuni reperti fossili ritrovati: punte di frecce, ossa e cocci di vasi, si può supporre che esse siano servite come abitazioni umane in epoca risalente al Paleolitico Medio e al Neolitico.
Durante il periodo natalizio, quest’area ospita una bellissima e suggestiva rappresentazione del Presepe Vivente, divenuta ormai una vera e propria tradizione famosa in tutta Italia. Un evento che con il passare degli anni ha creato un forte legame tra territorio, tradizione e leggende popolari.
Una visita nel centro storico la merita la Chiesa Parrocchiale di San Matteo Apostolo, la cui chiesa originaria risale all’XI secolo. Ricostruita e restaurata più volte nel corso dei secoli nel 1937 è stata abbattuta e costruita ex novo.
Il suo abbattimento fu una grave perdita dal punto vista artistico poiché foto storiche del primo ‘900 mostrano la struttura della chiesa in pietra, in perfetta planimetria longitudinale a pianta a croce latina, con il portale trecentesco a sesto acuto, e la cupola in tessere verde-giallo tipiche delle chiese pugliesi medievali.
Interessante da visitare il Santuario di Maria Santissima di Bisaccia che si trova lungo la vecchia via del tratturello Centurelle e risalente al XVII secolo.
Spostandosi verso il mare la meraviglia decadente della Torre di Montebello balza subito agli occhi. Fu eretta nel secolo XVI per vigilare meglio la costa da attacchi Turchi.
Il lido chiamato Marina di Montenero, alla sinistra del fiume Trigno e a breve distanza dal confine con l’Abruzzo rappresenta il principale approdo turistico molisano con quasi 500 posti barca.
Chiudiamo la nostra visita a Montenero di Bisaccia la rinomata ventricina di Montenero, l’insaccato ottenuto con carne di maiale opportunamente trattata e stagionata con metodi tradizionali. Il piatto tipico del paese sono i cavatelli (in dialetto “cuzzutilli”) con la ventricina.
Torniamo sulla A14 e andiamo un po’ più a sud, sconfinando in Puglia. L’uscita seguente a Montenero di Bisaccia ci permette di conoscere il paese di Poggio Imperiale e Lesina.
Partiamo da Poggio Imperiale, un comune di circa 2.500 abitanti in provincia di Foggia.
Il centro di Poggio Imperiale
L’origine e il nome di questo paese si identifica con un principe, Placido Imperiale. Mentre il termine “Imperiale” è ovviamente collegato alla storia del Casato, “Poggio” è riferito alla dislocazione fisica del comune, che è ubicato per l’appunto su un’altura da dove si può ammirare il vicino lago di Lesina e la sottostante valle.
La storia di questa cittadina è altrettanto legata alla popolazione albanesi che, da Scutari, intorno alla metà del 1700, vi si stanziarono in gran numero complice l’assenso dato dalla famiglia del Principe che voleva formare una comunità accogliendo contadini con un contratto vantaggioso di redistribuzione del raccolto.
Solo dal 1816 la cittadina garganica gode di propria autonomia amministrativa. Fino a quel tempo, infatti, rientrava nelle more del comune di Lesina.
Poggio Imperiale è nota soprattutto per il Santuario di San Nazario (méta di un gran numero di pellegrini) presso il quale sorge una benefica fonte di acqua calda.
In estate – nella centrale piazza a forma di scacchiera – vi si svolge il tradizionale Palio di Dama Vivente, impersonato da figuranti locali che, vestiti in abiti d’epoca, si muovono al posto delle normali pedine del gioco della dama. Tra i monumenti più interessanti vi sono la Chiesa Madre (risalente al 1875) e quello dedicato al Principe Placido Imperiale, fondatore del paese.
Interessante ricordare che il dialetto di Poggio Imperiale, localmente denominato “tarnuésë”, costituisce un caso linguistico non ancora ben approfondito.
Si tratta di una parlata che, al pari dello stesso comune, è definibile come relativamente “nuova”, perché originatasi anch’essa a partire dal 1759, anno dei primi insediamenti nell’attuale territorio. Anche la popolazione che vi si stabilì era pertanto “nuova”, proveniente in maggioranza dall’esterno del feudo (paesi limitrofi, Campania, Basilicata, Calabria, Albania, ecc.), e fu ovviamente necessario raggiungere ben presto un’unità linguistica oltre che amministrativa.
Fondamentale al riguardo è stato l’apporto del Principe Placido Imperiale e del suo entourage napoletano, o comunque campano, e la conseguente venuta di numerose famiglie di Avellino e Benevento: ne è conseguito che a prendere il sopravvento fu una parlata di tipo napoletano, o meglio “napoletaneggiante”, considerata da un lato “più pura e attuale” per l’epoca, e dall’altro un linguaggio “colto”, “forbito.
Di conseguenza, mentre tutti i linguaggi del Gargano andrebbero classificati nel gruppo pugliese settentrionale, in particolare nel sottotipo “dauno”, Poggio Imperiale è invece linguisticamente esterno al promontorio, presentando appunto una fenomenologia tipologicamente campana: ne è la prova il fatto che i dialetti parlati nei centri vicini, come Lesina, Apricena, San Nicandro Garganico o San Paolo di Civitate, presentano ancora oggi delle diversità rispetto al “tarnuésë”.
La colonia albanese poco ha lasciato delle sue tradizioni e del suo folklore, per la breve permanenza che ha avuto in questo paese ed è rimasto solo qualche piccolo ricordo in alcune parole come kakagljë “balbuziente”, o chjatràtë “infreddolito”.
Andiamo adesso a conoscere Lesina, comune italiano di circa 6 mila abitanti della provincia di Foggia in Puglia. Fa parte del parco nazionale del Gargano e il paese dà il nome al lago di Lesina.
La presenza del lago ha permesso di sviluppare le attività ittiche che hanno permesso nei secoli scorsi di creare una importante fonte di sostentamento per gli abitanti della zona.
Tradizione culinaria locale è l’anguilla per la vigilia di Natale.
Lesina, nota ai romani e ai greci come Alexina, Αλεξίνη, fu spesso funestata da terremoti e inondazioni marine e la sua popolazione in antichità veniva decimata dalla malaria.
Il lago è il richiamo principale nei secoli e per la sua pescosità richiamò molta altra gente dai dintorni e dalla sponda opposta dell’Adriatico, come dall’isola di Lesina in Dalmazia.
Lesina in antichità era recintata da un antico muro di protezione sia dal mare che contro le passate scorrerie dei Saraceni e molte sono le fonti storiche medievali riguardanti gli eventi lesinesi nel Medioevo.
Degno di nota è anche ciò che accadde nel 1089, allorché ospite dell’allora Conte Normanno di Lesina, Petrone, fu la Contessa Matilde di Canossa. Approdata sulle coste di Lesina, il Conte Petrone la invitò a riposare con le sue damigelle e tutto il suo seguito. In onore della stessa, quella sera, ci fu un banchetto ricco di pesce, carni, selvaggina e vini come l’opulenza del luogo consentiva. Probabilmente a causa dei fumi del vino, paggi e cavalieri del Conte pensarono di non dover passare la notte da soli. Quella notte si udirono strani rumori intorno alle stanze assegnate alle damigelle: erano i commensali che bussavano alle porte delle damigelle nella speranza di concludere meglio la serata. La Contessa Matilde, subito informata da queste ultime, ne fu indignatissima e si affrettò a lasciare il castello del Conte con tutto il suo seguito. L’offesa, per lei gravissima e non lasciò impunita questa offesa.
Lasciando la storia e tornando al presente, la passeggiata nel borgo vecchio, con la sua cattedrale e il palazzo vescovile risalente al Duecento, ricordano i tempi lontani in cui la cittadina viveva solo grazie alla pesca.
Molto interessante il Museo naturalistico del Lago di Lesina, dove è possibile vedere numerose specie ittiche del lago di Lesina e una mostra sugli antichi attrezzi per la pesca.
Ultima notazione riguarda il cinema. Nel 1965 il regista Elio Piccon girò a Lesina e a San Nicandro Garganico il documentario L’Antimiracolo, nel quale espose le ancora difficili condizioni di vita in alcune zone della Puglia e l’organizzazione ancora arcaica che caratterizzava la società locale, rimasta isolata dal boom economico italiano di quegli anni. Il documentario ottenne il Leone di San Marco alla XXVI Mostra del Cinema di Venezia.
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