“Le battaglie si vincono e si perdono con identico cuore.” (Walt Whitman)
Nel viaggio intorno al mondo torniamo alla rubrica “Luoghi e modi di dire”.
Oggi vogliamo approfondire un modo di dire conosciuto in Italia perché ricorda una storica disfatta in campo militare.
“È stata una Caporetto” o “poteva essere una Caporetto” sono modi di dire che vengono utilizzati genericamente per indicare una pesante sconfitta, una disfatta, una capitolazione.
Tutto parte dal ricordo del piccolo centro di Caporetto (oggi Kobarid in sloveno, 4 mila abitanti circa), piccolo centro della Slovenia nord-occidentale.
Questo paesino fu teatro nell’ottobre del 1917 (prima guerra mondiale) di una battaglia disastrosa per le truppe italiane, costrette a ritirarsi attestandosi poi sul Piave.
La battaglia fu combattuta tra le forze congiunte degli eserciti austro-ungarico e tedesco, contro il Regio Esercito italiano.
L’attacco contro la 2° armata italiana portò alla più grave disfatta nella storia dell’esercito italiano, al collasso di interi corpi d’armata e al ripiegamento dell’intero esercito italiano fino al fiume Piave.
La rotta produsse quasi 300 000 prigionieri e 350 000 sbandati, tanto che ancora oggi il termine “Caporetto” è entrato nell’uso comune della lingua italiana per indicare questo tipo di sconfitta.
Approfittando della crisi politica interna alla Russia zarista, dovuta alla rivoluzione bolscevica, Austria-Ungheria e Germania poterono trasferire consistenti truppe dal fronte orientale a quello occidentale e italiano. Forti di questi rinforzi, gli austro-ungarici, con l’apporto di reparti d’élite tedeschi, sfondarono le linee tenute dalle truppe italiane che, impreparate a una guerra difensiva e duramente provate dalle precedenti undici battaglie dell’Isonzo, non ressero all’urto e dovettero ritirarsi fino al fiume Piave, a 150 chilometri di distanza.
Le unità italiane si riorganizzarono abbastanza velocemente e fermarono le truppe austro-ungariche e tedesche nella successiva prima battaglia del Piave, riuscendo a tenere a oltranza la nuova linea difensiva su cui aveva fatto ripiegare il generale Cadorna.
Oggi Caporetto (in sloveno Kobarid) è un comune della Slovenia, appartenente alla regione statistica del Goriziano, posto al confine con l’Italia.
Dal 1920 al 1947 fece parte del Regno d’Italia, inserita nella provincia del Friuli dal 1923 al 1927 e successivamente nella provincia di Gorizia.
Dal 10 settembre 1943 fu capitale della Repubblica partigiana di Caporetto, che operò per 52 giorni fino all’offensiva tedesca dei primi di novembre e rimase quindi inclusa nella zona d’operazioni del litorale adriatico sotto occupazione tedesca. Alla fine della guerra passò alla Jugoslavia e quindi alla Slovenia.
Il comune di Caporetto, pur dal 1920 al 1947 politicamente italiano, è abitato da diversi secoli per la massima parte da sloveni, come tutta la regione geografica in cui è inserito, per quanto fino all’epoca medievale vi fosse una significativa percentuale di popolazione friulana (l’unica autoctona). Sotto l’impero austro-ungarico, il tedesco divenne l’idioma diffuso tra le classi colte, mentre nel linguaggio familiare e delle campagne permaneva lo sloveno. Anche il primo censimento etnico italiano del 1921 riportava che, tra i 6224 abitanti di allora, solo 98 erano italiani, dimostrando quanto Caporetto non sia mai stata un paese di tradizione e cultura italiana.
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